L'obiettivo di questo testo è rispondere all'interrogativo contenuto nel titolo. Il momento attuale, per la vita consacrata, non è certo dei migliori, almeno dal punto di vista vocazionale. La riflessione qui presentata, partendo da un' altra domanda: "la società in cui viviamo è post-cristiana o pre-cristiana?", intende dare una risposta "che intercetti dubbi e diffidenze dell'uomo qualunque che vive in questo mondo... insicuro e nebuloso", aprendogli un nuovo orizzonte. In una cultura ritenuta post-cristiana la vita consacrata sarebbe insignificante. Dove, invece, è ancora presente un bisogno di senso, lì il consacrato ha ancora un suo posto preciso e il compito di riconoscere e indicare, da uomo spirituale quale è, quella nostalgia di Dio nascosta nel profondo di ogni cuore anche in chi la nega. Il tema è sviluppato su un orizzonte di vita piena - che comprende anche la morte: vita e morte si rimandano a vicenda: è proprio nel dono della propria vita, che si raggiunge e si offre quella pienezza e quel senso a cui il consacrato deve rimandare.