"Rumore, soggettività, performance. Queste tre parole qualificano meglio di altre i grandi eventi di rottura vissuti nei primi 20 anni del nuovo millennio". Un'era nuova sembra aprirsi in questi decenni, non priva di conseguenze anche per il management e l'organizzazione. La prospettiva dell'operare in uno spazio aperto, popolato da soggettività molteplici e conflittuali, con tutti i rischi e le opportunità connessi. In tale contesto, il management deve affacciarsi sul vuoto da riempire di questa nuova cultura della rete, darle voce e farla emergere in modo costruttivo. Così, l'organizzazione si pone non solo come scienza ma anche come arte, l'arte dell'organizzare, che sappia stimolare il pensiero invece di sostituirlo, puntando su una nuova energia, anche comunicativa. Ripensare il management come arte significa arricchirne il linguaggio e aprirlo a fonti di ispirazione non convenzionali. Governare le organizzazioni nel rumore e nel caos, saper accettare, valorizzare la complessità in cui siamo immersi. "La felicità organizzativa può assumere volti molteplici, percorrendo percorsi che non si assomigliano affatto".