Chi può dire che il tempo e lo spazio di Milosz non siano gli stessi del discorso scientifico? Manca la matematica? Manca il calcolo delle forze? Sono solo vuote parole a sostegno di un'immaginazione sfrenata e senza limiti? Può darsi, ma non si può disconoscere la facilità con cui quelle stesse categorie si lascino catturare dalle immagini. La teoria della relatività, che lo stesso Einstein si premurò di esporre in termini comprensibili al grande pubblico, non è forse stata assorbita, e distorta, dall'uso generalizzato della parola "relativismo"? Dopo la relatività è stato un crescendo di tentativi di usare le teorie scientifiche non per ciò che esse significano o rappresentano lungo la via della verità dell'uomo bensì lunga la via della loro efficacia tecnica. Nel migliore dei casi sono state poste al servizio del comfort umano, del suo utile. Eppure questo successo nasconde una certa incapacità a presentarsi sul terreno di quell'esperienza da cui la scienza ha tratto origine e forza. O.V. de L. Milosz, però, non è un divulgatore o uno scaltro e suggestivo propalatore di dottrine mal comprese. Al contrario, è come se volesse dirci: usate bene le immagini della scienza anche quando esse sembrano staccarsi dal terreno dell'esperienza "ingenua" verso i regni eccelsi dell'astrazione matematizzante. Io, intanto, restituisco quell'astrazione al mondo che si è piegato a ciò che va necessariamente dimostrato con il linguaggio della prova matematica. Per Milosz «non vi è in concreto scienza nella quale non entrino segretamente elementi mitologici e metafisici», e in questa opera-capolavoro tenta di riportare la mistica nel discorso scientifico...