Giovanni Pastrone (1882-1959) è stato uno dei principali protagonisti della storia del cinema muto. La sua personalità professionale e artistica, così prismatica e controversa, a seconda dei casi mitizzata o sminuita, banalizzata o strumentalizzata, resta ancora oggi di non semplice interpretazione. Artefice di Cabiria, il più influente film del primo cinema italiano, nella sua carriera di produttore ha sperimentato formule innovative come la serie comica, con André Deed (il celebre Cretinetti); il kolossal storico a lungometraggio, con La caduta di Troia; il film atletico d'avventura, con Maciste; il diva film nella sua variante più aggressiva e morbosa, con Il fuoco. Profondo conoscitore della tecnica cinematografica, efficiente e severo organizzatore, amministratore avveduto ma aperto al rischio, Pastrone è stato anche, e soprattutto, tra i maggiori registi degli anni Dieci: un artista dal grande gusto estetico e compositivo, dotato, per citare D'Annunzio, di uno «straordinario istinto plastico». Nelle sue regie, spesso attente a indagare gli aspetti più inquieti della femminilità, la razionalità e la fiducia verso la scienza s'intrecciano con un'inclinazione al barbarico, al pessimismo fatalista, all'irrazionale e al macabro, all'allucinato e all'onirico, quasi a suggerire una potente alchimia tra le certezze, in realtà inquiete, del positivismo e le pulsioni infiammate dell'estetica simbolista.