Giovanni Francesco Guerrieri e Gianluca Quaglia, due artisti lontani nel tempo. Il primo un caravaggesco marchigiano del Seicento, il secondo un contemporaneo che s'interroga su un tema che ha attraversato la storia dell'arte trasversalmente: il rapporto tra l'uomo, lo spazio in cui viviamo e ciò che non conosciamo. Si origina così un dialogo che richiede visione e immersione sensoriale, attenzione al dato reale e immaginazione per accogliere anche ciò che il nostro sguardo non è in grado di riconoscere o codificare. Guerrieri nella sua tela con la "Vergine con il Bambino e sant'Anna", dipinta nel 1627 per Ottavio Brollini, fornisce una risposta definita, consona al suo tempo, devozionale e piena di pathos. Quaglia attiva una riflessione connessa a codici laici, aperta a interpretazioni che vanno al di là di certezze deistiche, proponendo mappe cosmiche pensate come spazi ridisegnati a grafite in cui perdersi, in quanto privi di orientamento e ombre o costellazioni riconoscibili. "Il miglior posto" diventa così una posizione privilegiata che consente di soffermarsi a contemplare l'armonia tra arte antica e contemporanea, in quanto sia Guerrieri che Quaglia gettano un'ancora verso l'ignoto per scrutare l'imperscrutabile, soffermandosi a guardare l'universo e con esso le stelle, immaginando l'infinito, con la certezza che sappiamo solo ciò che possiamo imparare.