Originariamente letto a una conferenza nel marzo 1907, questo breve saggio non è né una biografia di Giordano Bruno né un'esposizione del suo pensiero, ma un'analisi del ruolo da lui ricoperto nella cultura del tempo e delle ragioni del suo scontro con le autorità ecclesiastiche. Rifiutando le semplificazioni di un Giordano Bruno ateo o anticlericale, Giovanni Gentile espone una sua personale interpretazione della vita del pensatore nolano, considerandolo non già un "martire del libero pensiero", quanto piuttosto, al pari di Socrate, un "martire della filosofia". Ne scaturisce il ritratto di un Bruno avverso non alla religione in sé ma alla superstizione, e fautore, in anticipo sui tempi, della separazione tra fede e scienza.