Giordano Bruno (Nola 1548 - Roma 1600) è stato sicuramente la vittima più illustre dell'Inquisizione, seppur non l'unica: l'autore del presente volume ricorda come egli si rivolse ai cardinali inquisitori che lo condannavano a morte: «Forse tremate più voi nell'infliggermi questa sentenza che io nell'accoglierla». Bruno non fu soltanto una delle menti filosofiche più lucide e ispirate del suo tempo; fu anche un uomo che seppe portare avanti fino alle estreme conseguenze le sue idee. Verrecchia inizia così il suo scritto: «Questo è un libro di passione, un ritratto dell'uomo Giordano Bruno: meno accademia e più partecipazione umana al suo tragico destino, meno filologia e più vita. Ho cercato di seguire il filosofo nella sua tempestosa peregrinazione attraverso l'Europa e di riviverne gli stati d'animo». Come si spiega l'accanimento della Chiesa contro il frate di Nola? La risposta va cercata e la si trova nella sua stessa filosofia, la quale teorizza non solo che l'universo è infinito, ma che è eterno, quindi che è sempre esistito e sempre esisterà: tutto questo, di fatto, rende superfluo un dio creatore e, a cascata, i chierici suoi ministri dando spunto all'autore di sferzare con estremo vigore il fanatismo religioso che per secoli ha insanguinato l'Europa e che fece più vittime delle pestilenze. Emerge un ritratto di Giordano Bruno inconsueto che si discosta dalla biografia classica o dal saggio critico, facendo risaltare il personaggio, perché la sua vita è così tragicamente bella che commuove chiunque. Scrive ancora Verrecchia: «Egli visse ciò che pensò e pensò ciò che visse: la sua vita rispecchia la sua filosofia e viceversa».