L'ironia, la lucidità nel rappresentare il reale, l'onestà nell'esprimere i sentimenti, anche i più abietti: armi pericolose nelle mani di uno scrittore. Sinclair Lewis sceglie di usare la penna come fioretto e non manganello, ma il suo stile non impedisce al fendente di mettere a segno il colpo: infligge stoccate alle verità imposte, assalta le sensibilità intorpidite, va dritto alla coscienza del lettore, lacerando nel profondo certezze condivise, scontate, noiosamente e meccanicamente perpetuate. Il caso e l'apparenza sono i fili che uniscono le trame delle tre novelle dell'autore americano, che non fu scrittore puro di noir o gialli, ma che in testi come questi si confrontò felicemente con il genere. Si passa dalla carezza ipocrita a un gatto, che innesca una catena catastrofica di eventi, al racconto di un crimine quasi perfetto, a una storia d'amore impastata di suspense: grottesco, umorismo, melodramma sociale si leggono tra le righe di una scrittura asciutta, brillante, piacevole e amara come un sorso di birra. Ed è nella tensione degli intrecci, nella complessità di personaggi e contesti che Pulixi riconosce il "visionario" Lewis e detta la direzione per andare al cuore della sua narrativa.