Sfogliando il libro fotografico di Roberto Pestarino dedicato alle moderne strutture architettoniche, soprattutto milanesi e berlinesi, si ha una impressione ambigua, nel senso che da una parte ci si chiede: sono queste le case degli uomini? O: dove sono gli uomini? Dall'altra si resta ammirati dagli ardimenti che la moderna tecnologia costruttiva consente, mettendoci davanti agli occhi l'avveramento come di sogni, come di mostri e di dei. E il senso profondo di queste foto, mi pare, sta proprio nell'interrogazione, nello stupore che prende l'occhio del fotografo, gli invade la mente e guida la sua mano alla ricerca di quel taglio, di quella superficie, di quella sovrapposizione che sappia restituire, nella rigida clausura delle due dimensioni, la maestà delle forme mentre s'impadroniscono fieramente dello spazio. Uno stupore che, nel caso di Pestarino, non cede né al sensazionalismo né al rimpianto. Occhio freddo quindi? Non direi. Occhio attento invece, sensibile al mutare della luce, che in fondo, come potrebbe essere diversamente?, è la vera protagonista di questo libro. Allora, lasciando indietro le prime domande che ci si pone come "osservatore ingenuo" e le altrettali risposte al primo sguardo, ecco che emerge il perché di queste foto, che sta tutto nell'incontro/scontro tra la durezza inscalfibile delle superfici e la morbidezza irresistibile della luce, signora delle forme e dei riflessi. D'altronde cos'altro fa da sempre la fotografia d'arte?