Dopo quasi tre lustri dall'entrata in vigore della regolamentazione dei fondi pensione, ad oltre un decennio dalla riforma Dini e nel pieno del conferimento del TFR a fini previdenziali, la previdenza complementare, nel nostro paese, non ha ancora assunto un ruolo che gli spetta nel complesso sistema previdenziale. Coloro che hanno aderito ad una forma pensionistica complementare rappresentano ancora una parte minimale dei lavoratori italiani, sia dipendenti che indipendenti, e il grado di capitalizzazione dei fondi pensione risulta essere ancora residuale. La complessità del fenomeno ha consigliato d'indagare su una pluralità di concause: dall'instabilità normativa al deficit culturale, dalla carenza informativa al ruolo svolto dai vincoli imposti dal legislatore, dalla ritrosia ad utilizzare il TFR a fini pensionistici complementari, implementata dall'incertezza indotta da un dibattito confuso attorno alle tematiche della obbligatorietà e della volontarietà, ai sistemi d'investimento dei risparmi previdenziali e, infine, dall'influenza determinata dall'insufficienza delle risorse disponibili derivanti da rapporti di lavoro precari e da bassi salari. A determinare tale situazione hanno concorso molteplici attori, ciascuno per il proprio ruolo e la propria responsabilità: le istituzioni, il mondo del credito e della finanza, i sindacati dei lavoratori e le associazioni imprenditoriali.