Dell'alluvione che il 4 novembre 1966 mise Firenze in ginocchio ebbero particolare diffusione le immagini che davano un'idea precisa della condizione della città: la fotografia ripresa dal piazzale Michelangelo, che mostrava gli edifici come isole in mezzo a una laguna giallastra e fangosa, così come la visione di piazza Santa Croce con lo spettacolo delle automobili rovesciate, dei tronchi abbattutisi sulle panchine, sul fango sparso sul selciato della piazza. E ancora, il piazzale degli Uffizi, quasi una corsia di piscina, i lungarni divorati dalle acque e il Ponte Vecchio, sventrato dai tronchi d'albero. È innegabile che quelle immagini così eloquenti abbiano sopraffatto le parole e gli scritti. Ma ciò che resta nella mente ha altrettanta importanza ed è indispensabile a chiarire meglio il significato e il valore delle immagini. I rumori, gli odori, la stanchezza, la visione più a largo raggio di quella indagata dagli obiettivi delle macchine fotografiche o da ripresa diventano patrimonio individuale e riportano in superficie impressioni che si ritenevano ormai obliterate e destinate all'archivio della memoria. Bruno Santi torna con il ricordo ai giorni dell'inondazione dell'Arno e ci permette di entrare con la mente in un periodo di preoccupazioni, di fatiche fisiche, di indubbi disagi, ma anche di episodi di indiscutibile rilevanza e singolarmente presenti sia nella dimensione personale, sia nelle articolate e in parte positive esperienze condivise.