Questa nuova creatura di Antonietta Malito credo debba essere letta nel cuore della notte, quando tutto il mondo tace e il nostro respiro batte all'unisono con i pensieri. "Custodisco una moltitudine di cieli", scrive l'autrice, aprendo infinite possibilità di ascolto a questo lutto che cerca di narrare in versi. La morte di una madre è tra i dolori più indicibili che si possano provare. Antonietta scava, raccoglie, semina amore e riconoscenza. "Da quando tu,/ albero mio,/ hai piantato le tue/ radici nel vento,/ io altro non sono/ che una piccola foglia in balìa dell'inverno". Il vento come a indicare una carezza che manca; l'assenza tenace di una madre che vive nel sole. Così, Malito si aggrappa a ogni tenero ricordo: a quelli buoni e tempestosi "Per non soccombere./ Per non agonizzare./ Per non lasciarmi morire". E il dolore sembra quasi meno dolore, eppure resta depositato dentro ogni fibra di pelle. Negli occhi di figlia che resta. Come una litania, una preghiera soffocata che ha raggiunto la sua voce, Fino all'alba lascia dentro una finestra aperta, che può essere visitata una volta e poi, ancora un'altra. (Nota di lettura di Patrizia Baglione)