Era il 1974 quando Gianni Minà incontrò per la prima volta faccia a faccia Fidel Castro, in occasione di un match di boxe all'Avana. Nel tunnel che conduceva agli spogliatoi dei pugili gli rivolse alcune domande, alle quali il líder máximo replicò: «Dovremmo vederci in ufficio, per rispondere a tutto. Siamo in piedi, qui». Qualunque altro giornalista avrebbe considerato quella di Fidel una risposta di cortesia, ma non Minà, che da quel giorno lavorò incessantemente per dare seguito all'invito, fino a ottenere, nel 1987 e di nuovo nel 1990, le due interviste più lunghe mai rilasciate da Castro a un giornalista occidentale. Due autentici scoop, seguiti da altri due incontri, l'ultimo dei quali, nel 2015, un anno prima che Fidel morisse, in occasione della visita di papa Francesco a Cuba. Proposte per la prima volta assieme, queste quattro interviste rappresentano un'occasione unica per riflettere su una Rivoluzione tra le più longeve della storia, al netto sia delle mitizzazioni che delle condanne a priori. Dagli anni della rivolta contro il regime di Fulgencio Batista all'amicizia e al sodalizio con Che Guevara; dall'embargo statunitense e il disastro della Baia dei Porci alla crisi missilistica; dai rapporti con l'Unione Sovietica alla lunga stagione delle riforme economiche; dalla questione dei diritti umani agli scenari post-guerra fredda e al ruolo della Chiesa cattolica come facilitatrice di nuove forme di dialogo, Fidel non si sottrae al confronto, né Minà al compito di porre domande scomode. Ne emerge il ritratto di un uomo complesso e di grande spessore, in grado di far coesistere luci e ombre, e di intuire con grande anticipo i problemi del nuovo millennio.