"Nel corso del 2005 prendeva corpo la nostra rivoluzione culturale. La parola competition affiorava da ogni bulbo di nuova crescita, come gemma di primavera. Ci sembrava di aver vissuto un inverno perenne, dove si fa fatica a trovar cibo, le giornate sono brevi, i movimenti lenti, lo stato d'animo poco incline all'ottimismo, le relazioni misurate, non si esce di casa. Competition ti strappa i vestiti, spalanca le finestre, ti butta fuori casa. C'è un sacco di gente che corre, scrive, si stringe la mano, saluta, parla, si affanna, soffre, festeggia. Sei costretto a provare uno shock. La sensazione non è delle più gradevoli. Abituati per anni a leggere le informazioni provenienti dal mercato (vendite, quote, fatturato, percentuale di crescita...) come notizie di cronaca avulse dal contesto in cui si opera, doversi improvvisamente confrontare con tutto questo come conseguenza diretta del proprio lavoro, ha costituito una svolta nell'esistenza professionale di moltissime persone. Si trattava di un cambiamento talmente forte che senza una consistente dose di energia avrebbe abbattuto chiunque. Il salto culturale può infatti apparire esagerato. Competition porta con sé automaticamente tutta una serie di asset di cui, prima, ci si occupava marginalmente: il cliente, la meritocrazia... E molto altro ancora." (dalla prefazione di F. Gerello)