Alice ha sempre vissuto una vita “al limite”: mai veramente povera, sempre tirata, a contare i soldi, a temere un’emergenza, a sognare vacanze inaccessibili. Lei e sua mamma se la sono cavata, dopo la morte del padre, in appartamentini angusti, con mille economie e poche libertà, nessun risparmio da parte e tante incertezze.
Nathan, il bellimbusto con cui usciva, se l’è data a gambe appena ricevuta la notizia che sarebbe diventato padre. Alice non ha avuto grandi fortune nella sua vita, ma ha cresciuto un bambino in gamba, Achille, e ha un lavoro onesto e pagato in un negozio di scarpe.
Quando la proprietaria del negozio decide di chiudere l’attività, Alice si trova a quarant’anni “oltre il limite”, in una miseria che non è solo economica, ma anche emotiva: è la vergogna di mettere a tavola la pasta col burro, di non poter condividere con Achille nulla che non sia la sopravvivenza, quella che garantisce un sussidio, finché c’è. La miseria di Alice è l’umiliazione di chiedere soldi all’amica che è cresciuta così diversamente da lei, e che ha avuto un matrimonio giusto, una casa da rivista di arredamento, una vita facile.
Alice non ne può più di sacrifici inutili, di non poter offrire un’alternativa a Achille, e nella sua mente si fa strada un progetto assurdo, quello di rapire un neonato per avere il riscatto: troverà sul suo cammino un uomo bizzarro e solo.
«Sa, se lei mi ha scritto è perché lei è come me!»
«Come lei?»
«Lei è disperato»
Tom è un altro sconfitto, uno scrittore che pubblica un libercolo dopo l’altro, senza avere mai l’idea che vince: a ogni titolo, che una piccola casa editrice continua a mettere sul mercato senza troppe aspettative, Tom è consapevole di non avere nessun talento.
Alice e Tom si riconoscono nelle loro reciproche fatiche di vivere: lei è sveglia, ironica, ma senza nessuno strumento per farcela, lui è tenebroso, chiuso e un po’ strambo, conosce ormai a memoria i rudimenti dello scrittore, ma non ha la creatività e la passione che viene dall’aver vissuto, abbandonandosi alle emozioni.
Tom ha il metodo della professione, Alice ha la fatica della realtà. Da lì l’idea: scrivere insieme il romanzo perfetto per vendere, per avere successo, per scalare le classifiche e fare soldi. Perché il mercato non è così misterioso, in fondo. E la ricetta del successo in libreria è molto semplice, quelli che vanno bene, spiega Tom, sono i feel good books.
“Grosso modo, bisogna presentare la vita da un’angolazione positiva, fare ritratti di personaggi che affrontano prove difficili ma ne escono fortificati. Si tratta di storie in cui l’amicizia trionfa sull’avversità, in cui l’amore permette di superare tutti gli ostacoli, in cui le persone cambiano ma per diventare migliori di com’erano all’inizio…”
“Aaaaah, bisogna parlare di resilienza e cazzate simili?”
La ricetta è quella, facile a dirsi, ma con la supervisione di Tom, Alice che ha intraprendenza e niente da perdere, prende coraggio e si mette a scrivere per cambiare la propria vita, e davanti al pc si abbandona all’ispirazione, come una rivelazione, sulle note di Kids in America, la canzone “madeleine” della sua infanzia. Obiettivo: entrare a far parte della rentrée letteraria, che vuol dire vendere.
Feel Good di Thomas Gunzig racconta una vicenda di miseria reale e quotidiana senza mai renderla miserabile, fa vivere i due personaggi con una chiave ironica e sorridente, che li rende agli occhi del lettore due antieroi amabili in maniera stupefacente. Si parteggia per Alice e Tom, nonostante tutto, nonostante i loro errori e le loro mediocrità, perché sono buoni nel fondo e nella loro disperazione sono protettivi e umani.
È il mondo dell’editoria ad essere deriso e impietosamente descritto dalla penna caustica di Gunzig, che senza timidezza ma con grande spirito sarcastico dipinge un quadro gustosissimo del dietro le quinte del processo creativo e del marketing che governa la macchina editoriale.
Critica arguta e storia d’amore delicata, il nuovo romanzo di Thomas Gunzig rompe gli schemi con il suo umorismo intelligente, per un effetto feel good riuscito e molto godibile.
Recensione di Francesca Cingoli