Lo "slancio vitale" del desiderio è forse l'unica risorsa cui poter attingere per far fronte alla crisi, esistenziale e politica, che attanaglia i percorsi individuali e collettivi nel tempo ipermoderno. Questo saggio propone le molteplici declinazioni possibili di un'etica del desiderio, evidenziando la dicotomia fondamentale tra la versione di Gilles Deleuze e quella di Jacques Lacan, attraverso un'analisi delle voci più significative della recente letteratura critica dedicata all'eredità dei due grandi "numi tutelari" nel pensiero contemporaneo. Le letture di Mark Fisher e Slavoj Zizek, Bruno Moroncini e Massimo Recalcati, delineano un aut-aut psico-politico - etico e clinico -, tra una versione puramente affermativa del desiderio e una valorizzazione della "mancanza a essere". Mentre l'esito finale della proposta di Deleuze e Guattari sembra essere la cattura del soggetto da parte dei meccanismi perversi del turbocapitalismo, una nuova messa in luce della dimensione "fantasmatica" della perdita, dell'assenza e della nostalgia potrebbe fornire un prezioso viatico per la risignificazione delle relazioni e delle comunità.