Voci che schiudono mondi popolano le pagine di questo libro più unico che raro, accompagnano il lettore in un corto circuito di suoni, immagini, deliri e digressioni oniriche, in una polifonica e inafferrabile esperienza di dannazione e salvezza. Tra i Canti Orfici di Dino Campana e Qualcuno volò sul nido del cuculo di Ken Kesey, entriamo nelle lettere che Fiorenza scrive ad un padre mai esistito, nella tana sotto il livello del mare di Faheem, nei chiodi che ungono la schiena di Emma, incontriamo il signor guantini che ha una sedia al posto del corpo e si muove piano con la stessa lentezza delle lumache con il guscio. La lingua dei disperati si fa trampolino e spinta per magnifici salti nel vuoto, quel vuoto che solo le acrobazie del linguaggio e il grado zero di una poetica nuova sanno raccontare. Quel vuoto che sembra vibrare ispiratissimo in queste pagine, tra le note di un pezzo dei Radiohead e un vortice di bellezza e dolore che incanta e ferisce. Postfazione di Helena Janeczek.