Storia di una passione eretica e intemperante, che chiama in causa il valore della libertà e dell'educazione alla conoscenza. Due prerogative, queste, che nel romanzo vengono costantemente ricondotte alla vita per coniugare i destini bizzarri che determinano le nostre esistenze, comprese tra caso e necessità, con i pochi spazi residui dell'intenzione che ne riscattano le sorti e restituiscono quel poco di autonomia che non è arbitrio ma rivendicazione di scelta personale, impegnata e sofferta. Il titolo è un neologismo che contiene il senso del testo: per emancipàzzia, infatti, si intende la "liberazione da uno stato di minorità o soggezione compiuto sotto la spinta d'un sentimento folle che prelude a un esito infausto come nel caso di Ipazia d'Alessandria". In queste pagine, appunto, si darà conto di un caso di emancipàzzia, vale a dire dello sforzo tenace e vagamente insano attraverso cui, abbandonata una condizione di partenza ritenuta costrittiva e castrante, si accede a uno status liberatorio ma anche escludente e esclusivo, tanto da suscitare nuove forme di ribellione. L'emancipàzzia ha un evidente risvolto sociale (e questo, dunque, è anche un romanzo di denuncia)...