«Se un giorno scriverò l'Elogio della galera...»: così diceva, tra serio e faceto, Ernesto Rossi in una lettera da Regina Coeli. Non scrisse mai il libro che forse aveva in mente. Ma questa raccolta delle sue lettere dal carcere è qualcosa di più: raffigurazione della vita di un prigioniero politico sotto il fascismo, romanzo autobiografico, vivace galleria di ritratti, altissima testimonianza civile. Il suo liberalismo era frutto di un'empirica e disincantata considerazione dei fatti, di un assoluto rispetto delle coscienze libere ed autonome, di uno sdegnoso rifiuto d'ogni imposizione autoritaria come di ogni conformismo gregale. Il pessimismo di fondo sulla natura umana, sulle debolezze e viltà degli italiani si stempera tuttavia nel suo straordinario umorismo e nella sua grande bontà, che lo rendeva indulgente verso chi non aveva saputo trovare in sé la forza di resistere, e gli faceva riconoscere anche i meriti dei suoi nemici. Introduzione di Gaetano Pecora.