La Grande Guerra era finita da poco. Vigeva ancora il "Non expedit" del Vaticano, il vecchio divieto che impediva ai cattolici di partecipare alle elezioni politiche. Tutto però stava cambiando. La sera del 18 gennaio 1919, Sturzo e un gruppo ristretto di amici, riuniti nell'albergo Santa Chiara al centro di Roma, annunciavano la costituzione del Partito Popolare. L'appello rivolto alla nazione, emblema del nuovo soggetto politico, chiamava a raccolta tutti gli uomini "liberi e forti". Nasceva, dunque, un partito di popolo, non un partito cattolico. L'appello è considerato una pietra miliare della storiografia del Novecento. Ma qual era la sua genesi? Da dove veniva il popolarismo? Quali erano le basi della cultura riformatrice d'ispirazione cristiana? Oggi, a distanza di cent'anni dalla divulgazione di quel testo, ecco tornare alla luce il deposito di rigore e concretezza, il senso di responsabilità, l'atteggiamento anti-demagogico della prima esperienza moderna - autonoma e aconfessionale - del cattolicesimo politico. Di certo, ancora oggi, nell'elogio dei "liberi e forti" possiamo ritrovare ampi spunti di riflessione e grandi elementi di stimolo, che valgono sicuramente per il futuro democratico dell'Italia.