A 150 dalla morte, quella di Alessandro Manzoni «fu vera gloria»? Gli anniversari e le celebrazioni servono per tracciare bilanci. Occasione preziosa per un ripensamento complessivo sul romanzo, sulle scelte linguistiche, sull'ideologica, e su tanto altro. Un lettore di oggi può identificarsi con Lucia, o con Renzo, anaffettivi e rinunciatari su tutto? La risposta è no. Il romanzo di Alessandro Manzoni va consegnato alla storia (dell'Ottocento), in quanto opera totalmente estranea alla sensibilità e ai bisogni educativi odierni. Nulla (o quasi) ha più da dire e da dare, anche sotto il profilo culturale, sociale e politico (visto che, nelle sue pagine, l'unico atteggiamento consentito è quello della rassegnazione). Manzoni era convinto che ribellarsi fosse ingiusto e dannoso. Altro che gloria nazionale e padre della patria e della lingua italiana. Manzoni fu maestro di qualunquismo e di opportunismo, da non leggere, e da non proporre più nelle scuole. Educare alla cittadinanza attiva, attraverso la letteratura, presuppone, oggi, l'adozione di ben altri Maestri, che il Gran Lombardo, prudente fino all'ignavia.