La poesia di Diasporo nasce da un'espansione tentacolare, procede per una dinamica a scarti, di episodi disgiunti, diacronici, sul fondo di una società narcotizzata e di un presente cieco. La scelta di evadere da una pronuncia solo privata declina una liricità scissa e ricomposta, tra tensione individuale - un soggetto mutilo ma investito di una missione quasi sacrale - e motivo storico-civile. Nel testo si snoda l'eco di una spiritualità mai rimossa, la dolorosa riflessione sul Novecento e uno sguardo non rassegnato all'ineffabilità dell'oggi, dove il trauma per i valori tramontati o drammaticamente in torsione emette duro il richiamo a un'inalienabile radice umana. E se per eccesso di trame viene meno la possibilità stessa di connessione, nel frammento si riconosce traccia residuale di totalità.