La storia di Lolita raccontata da Lolita. Lo fa Pia Pera in un romanzo scioccante che ha suscitato tante polemiche e non poche grane legali con gli eredi di Nabokov.
È cosa per menti e penne coraggiose prendere un mito e farlo parlare, ridando vita a una storia entrata nella leggenda.
Perché Lolita va oltre il personaggio letterario, è diventata un archetipo, in una dimensione fuori dal tempo.
Il Diario di Lo è un’impresa riuscita, un racconto credibile da adolescente, che ti scaraventa su quel prato, con il brivido di un incontro che ha segnato l’erotismo di generazioni, e che rivivi trattenendo il fiato.
Per il momento lo sbircio di traverso gli occhiali da sole: funziona. Il francese cambia subito espressione e tono e, dopo che la mamma indica con un gesto prima me, annunciandomi festosa il nome di Monsieur Guibert, e poi il giardino, lui esclama, con aria rapita "Ma che bellezza, che bellezza!" Però è me che guarda, non il giardino (..)
Dolly è un’adolescente piena di sogni e ambizioni, che detesta la madre, “mammaplastica”, e cerca il consenso degli altri.
È furba e ingenua insieme, provocante e consapevole della sua bellezza (io gli faccio un gran sorriso invitante, perché agli uomini la speranza non va mai tolta), ma poi ha fantasie da bambina e il suo fascino assoluto è in questa altalena; Dolly è una contraddizione, Dolly è femmina, ma soprattutto Dolly è una bambina.
Pia Pera le restituisce questa dimensione e questa realtà, ristabilendo insieme la sua adolescenza negata e fa emergere l’egoismo e la prepotenza dell’adulto professore, un satiro geloso e arrapato di fronte a una ragazzina fatta dura dalla vita, seduttrice, irriverente, ribelle.
Diario di Lo è scritto con una prosa diretta e lucida e non risparmia nulla, dice ogni verità e la dice bene, crudamente bene. Nelle pagine di Pia Pera Lolita diventa un’eroina bambina che si scontra con un mondo adulto insensibile e cieco, terribilmente cinico e opportunista.
Scabroso al punto giusto, Diario di Lo ci regala una rivoluzionaria versione di Lolita, una versione tosta anche nei ritratti della mamma-madremerda e del professore, che da Monsieur Guibert diventa pagina dopo pagina Hummie, poi mamma Umberta, perdendo del tutto il suo fascino perverso per rivelarsi solo un vecchio avaro, sporcaccione e decadente.
Ha perso il senso del pudore. Dà i primi segni di incontinenza senile.
E’ orribilmente privo di dignità.
Lolita rivive, e graffia forte.
Recensione di Francesca Cingoli