Settembre 1943. Traditi dal generale Dalmazzo che consegna senza combattere tutte le divisioni della IX Armata ai tedeschi, decine di migliaia di soldati italiani da ogni parte dell'Albania si incamminano scortati da poche decine di tedeschi verso le stazioni ferroviarie bulgare per essere avviati agli innumerevoli lager d'Europa. Le divisioni Perugia e Firenze, disobbedendo all'ordine di consegnare le armi, si dirigono verso il mare nella speranza di un imbarco verso l'Italia, ma solo la Firenze, giunta a Kruja, vicino a Tirana, affronterà i tedeschi e poi sconfitta si frazionerà per organizzarsi nella guerriglia accanto ai partigiani albanesi. Il capitano Vito Menegazzi è uno dei militari che muovono da Dibra con la Firenze. La batteria di artiglieria che comanda, la VI, viene aggregata alla leggendaria I Brigata albanese del comandante Mehmet Shehu, entrando essa stessa nell'epos della leggenda. Va letto, il diario, sullo sfondo di un orizzonte che vedeva la morte per fame o congelamento lungo i sentieri dei dispersi in solitudine, i cui cadaveri denudati venivano spesso trovati da formazioni di passaggio. Vi appaiono a tratti, ugualmente stanchi, soldati e ufficiali incontrati e trascinati via dal caotico correre di rastrellamenti, offensive tedesche, bufere, incendi, cannonate... Vi appaiono silenziosi i muli, sempre presenti, costantemente nominati, essenziali all'esistenza degli uomini, falciati e senza medaglie, e il cane Alì, cui si promette l'Italia dove non arriva mai...