«Afflitti dal Covid-19 a molti non è rimasto altro che chiudersi in una stanza e nel proprio mondo interiore. Izzo, nel suo esordio poetico, veste i panni di Diogene di Sinope, il filosofo greco che girava con una lanterna in cerca dell'uomo. Fondendo un linguaggio poetico solenne, proprio della tragedia greca, e l'impostazione narrativa di un'opera teatrale, il poeta tesse una rete di dialoghi con il Sole, che risponde con l'asfissiante silenzio delle cose, sottolineando la distanza di una vita che si è fermata con il primo lockdown totale. La silloge testimonia l'eclettismo di Cristian Izzo sia al livello del linguaggio sia sul piano delle idee e dei contenuti ricchi di suggestioni e simboli». (dalla prefazione di Afrodita Carmen Cionchin). La differenza sostanziale è questa ormai: il paradiso scaccia, l'inferno accoglie.