Si può discutere, in termini semplici, delle premesse d'un paradigma di diversità nel campo letterario ottocentesco? La risposta non è facile, perché a ciò si oppongono numerose difficoltà di tipo ideologico (la diversità intesa come valore vs. l'approccio perfezionistico, che la rifiuta) e soprattutto pratico: c'è infatti da chiedersi che senso abbia parlare di diversità quando la chiostra dei personaggi è comunque costruita, nel racconto moderno, attraverso un tessuto di contrapposizioni bene/male. S'è deciso, in questa sede, di tentare un primo approccio al problema, attraverso una comparazione diacronica tra un numero limitato di elementi, che tenga conto di un approccio cronotopico. Da un lato, il modello della diversità così come è rappresentato in un autore collaterale della letteratura italiana dell'Ottocento; dall'altro, un robusto esempio tratto dalla memorialistica inglese all'inizio del secolo XX e un'analisi antropologica d'un rito prosodiaco così come esposto da alcuni scrittori abruzzesi "fin de siécle". Ai lettori il compito di decidere sui testi in questione, non dimenticando con Trubetzkoy, che il linguaggio vive sul limitare delle storie e non viceversa.