Potermi confrontare con Emanuele Severino - quello che considero uno dei massimi esponenti del pensiero contemporaneo - è stato per me un dono del destino. Che mi ha fornito le ragioni per fare della filosofia una vera e propria ragione di vita. Ma soprattutto, è stata la possibilità di misurarmi con il rigore di una argomentazione stringente e spesso vertiginosa, a consentirmi di rilevarne anche le falle costitutive - peraltro rinvenibili proprio portando alle estreme conseguenze quella che rimane comunque una formidabile sintassi speculativa. Indipendentemente dalla quale, mai sarei riuscito a disegnare una prospettiva metafisica fondata da un lato sull'originaria aporeticità del 'vero' e dall'altro su un inedito senso della 'negazione'.