Un'Italia "premoderna" è quella che appare al lettore del Titolo VIII della parte speciale del codice penale, salvo nelle disposizioni che sono state introdotte negli ultimi tre decenni per contrastare gli abusi di mercato, le infiltrazioni mafiose nell'economia e le violazioni della proprietà industriale e del made in Italy. E la cultura che è sottesa a queste norme è la cultura autoritaria di un regime che rifiuta i principi liberali, che vede nello sciopero e nella lotta sindacale non dei diritti, come vorrà la Costituzione, ma dei delitti, e che individua nell'onnipresente Stato addirittura il soggetto passivo delle frodi in commercio. Su queste fattispecie di reato la Corte costituzionale ha iniziato ad esercitarsi nell'attività di redazione delle sentenze interpretative di rigetto, mentre il legislatore democratico troppo timidamente si è cimentato in una revisione che dovrebbe essere molto radicale, abrogando ipotesi di reato mai applicate, espellendo residui imbarazzanti del passato illiberale e introducendo forme di illecito realmente lesive della pubblica economia, come i reati tributari, i reati doganali e i reati in tema di malversazioni di fondi pubblici.