Il rigore della filosofia e l'emozione immediata, spesso viscerale dell'espressione artistica, hanno dato vita a un animato dibattito, alla libreria Feltrinelli di Napoli, in occasione della presentazione del catalogo “Dei pani /Dei volti”(Peliti Associati) del famoso fotografo Antonio Biasiucci. Il fotografo, da anni, attraverso la fotografia, sta facendo una ricerca sulla memoria personale e successivamente su quella collettiva. Il senso del suo percorso è il riuscire a cogliere l'essenziale, quella dimensione universale che accomuna tutti gli uomini, indipendentemente dal tempo e dallo spazio. Insieme all'autore è intervenuto Maurizio Zanardi.
Il dibattito si apre con le considerazioni di Maurizio Zanardi che definisce: «gli incontri con gli artisti sempre deludenti in quanto sono sempre sorprendenti». Premettendo che: «Non c'è alcun rapporto tra biografia e opera d'arte. In quanto l'arte significa affermare un pensiero con forza». Poi, racconta di quanto le opere di Biasiucci l'abbiano fatto “soffrire”. Proprio perché questa essenzialità non è altro che «Scarnificazione. Egli fotografa superfici martoriate, avallate, anche il pane non è un simbolo di vita, è solo una superficie tormentata, frantumata. Non c'è anima nelle superfici, c'è solo una infinità inesauribile.»
Anche il corpo è una superficie incisa. Qualcosa che si tocca. «E quando l'occhio tocca la superficie, questa è inafferrabile, dunque non si può avere una visione, tantomeno profondità.
Il senso dell'opera di Biasiucci non c'è secondo Zanardi.
Però sicuramente le opere di Biasucci hanno il sapore della poesia, il respiro della vita che va via e torna indietro, lasciando nella memoria qualcosa di forte, solido, intenso.