Cicerone dedica quest'opera filosofica al figlio Marco, la cui vita dissoluta è stata per lui causa di profonda afflizione. In essa ritrae la figura ideale ed esemplare del perfetto cittadino devoto alla patria, che, probabilmente illudendosi, spera possa ispirare il figlio per renderlo suo degno erede. Anche se influenzato dalle opere di Ecatone da Rodi, Diogene da Babilonia e Antipatro di Tarso, Cicerone scrive quest'opera in termini spiccatamente romani, rendendola una summa della sua personale esperienza, senza particolari astrazioni, ma fondandola su regole e norme concrete molto evidenti soprattutto nel terzo libro. Egli, in particolare, si concentra sul fatto che la ragione crea nell'uomo degli stimoli, dai quali nascono quattro virtù, ovvero giustizia, sapienza, fortezza ed equilibrio: sono proprio queste le caratteristiche che il vir deve possedere per essere «onesto».