L'autore, anche sulla scorta dei più recenti contributi critici, ha circoscritto gli elementi primari indispensabili per definire il ritratto che Dante ci ha lasciato di Federico II e di suo figlio Manfredi. Nella seconda parte del lavoro, poi, partendo dalla citazione dantesca del ventesimo canto dell'Inferno, si è soffermato sul mago e divinatore Michele Scotto, il cui nome viene spesso collegato alla celebre profezia del fiore, relativa alla scomparsa di Federico II a Fiorentino.