Le date celebrative della nazione statunitense sono state da sempre oggetto di continue trasformazioni a partire dalla più antica, il Giorno del ringraziamento (Thanksgiving), fino a quella più celebre, il 4 luglio. Alcune si sono imposte con fatica segnando i tratti di una forte etnicità, come il Columbus Day - oggi ripensata, in alcuni Stati, come Indigenous Day - altre sono state volutamente negate, come il Primo maggio, cui è stato preferito un più antico Labor Day. Alcune sono state unificate, come il Washington's Birthday e il Lincoln's Birthday, in un unico Presidents Day; altre, come il Memorial Day e il Veterans Day, hanno celebrato i morti della Guerra civile e di tutte le altre guerre combattute dai soldati americani; altre, infine, sono emerse in epoca più recente per celebrare il percorso afroamericano dalla fine della schiavitù alle lotte per i diritti civili, come il Martin Luther King Day e, appunto, il Juneteenth, che si è imposta come data celebrativa per la fine della schiavitù, superando la fama della Proclamation of Emancipation di Abraham Lincoln. Questo volume traccia la storia, iniziata nel 1620 sulla roccia di Plymouth, della continua necessità di ridefinire una comune religione civile e l'unità, a livello federale, d'un Paese complesso e frammentato su cui incombe, oggi ancor più di ieri, la minaccia di profonde fratture, animate da immigrazioni ininterrotte e da cambiamenti sociali conseguenti a quel medesimo sviluppo ch'è presupposto e conseguenza inevitabile della permanente quanto ambigua vocazione statunitense di popolo eletto.