La Germania Democratica è durata quarant'anni, il muro di Berlino meno di trenta; eppure, non si può credere che siano stati solo un provvedimento provvisorio, conseguenza del secondo conflitto mondiale. Hanno rappresentato qualcosa di assai più significativo nel panorama politico, umano, ideologico e spirituale europeo e, soprattutto, nell'animo del popolo tedesco, uscito traumaticamente dall'esperienza del nazismo. Due sistemi si sono confrontati e fronteggiati per meno di mezzo secolo: da un lato un liberismo sfrenato e opulento, dall'altro il sistema socialista concepito in un'ortodossia più rigorosa che nella stessa Unione Sovietica. Il risultato è di avere separato un popolo non solo politicamente ma, soprattutto, antropologicamente. Della vita dell'uomo Conrad Schumann si conosce assai poco, oltre alla sua fuga a ovest e la sua tragica fine. Soltanto l'invito dei coniugi Reagan alla Casa Bianca l'hanno riportato temporaneamente all'attenzione della cronaca. Eppure l'effigie del vopo che salta il filo spinato è una delle foto più significative di quegli anni. Questo romanzo ipotizza l'odissea occidentale dell'uomo Conrad Schumann dopo la fuga dalla DDR, nella lontananza di un luogo che non esiste più e alla ricerca di una patria mai esistita, a contatto con i miti che l'hanno sostituita, ognuno di essi espressione di una apparente libertà e vittima del medesimo destino.