Dalle esplosioni dei cercapersone degli Hezbollah all'azione dei chatbot che ha sostenuto la campagna presidenziale di Donald Trump e di Elon Musk. Tutto è cybersecurity. La connettività diventa logistica militare. Come l'11 settembre 2001, anche il 17 settembre 2024 è un giorno cruciale nella storia della guerra. Quel giorno, con le migliaia di esplosioni nelle tasche degli Hezbollah, sono state archiviate visioni geopolitiche, credenze militari e culture sociali. A New York fu un uso sorprendente di abilità e sorpresa a rendere vulnerabile il sistema del trasporto aereo, che da allora è diventato un settore a massima sorveglianza. Oggi sono i saperi tecnologici con le ormai irrinunciabili abitudini connettive a permettere all'intelligence militare di trasformare il vitale sistema della comunicazione globale in un'arma propria. L'irruzione dell'intelligenza artificiale, con la potenza di calcolo che classifica ogni singolo nemico, permette un inventario delle vittime prima di colpirle. Siamo alla guerra aumentata. Più aumenta l'intensità, più si decentra la deterrenza. L'individuazione prima e poi il cecchinaggio a distanza del network di una delle organizzazioni più inafferrabili e coperte, come quella degli Hezbollah, mediante una lunga azione di depistaggio e infiltrazione nel cuore del nemico, conclusa con una micidiale gestione della tracciabilità e raggiungibilità di ognuna di quelle migliaia di combattenti grazie a quei dispositivi che sembravano sicuri, hanno reso ogni apparato mobile, connesso alla rete, un bersaglio. Gli obiettivi prioritari sono ora moltitudini di individui, localizzati nominativamente, e colpiti nei luoghi più intimi, con precisione chirurgica. Una tecnica che i militari hanno mutuato dalle ordinarie risorse della rete, ed è dunque decentrata a chiunque. La mobile war trasforma così il web in un poligono di tiro permanente, dove ognuno può essere cecchino o vittima. Confondendo guerra e pace in un'unica uniforme cospirazione.