Il volume pubblicato a corredo dell’omonima mostra, grazie ai contributi critici e scientifici, riporta e problematizza le questioni “irrisolte” sulla produzione dei tappeti prodotti in Afghanistan e in Asia Centrale noti internazionalmente come afghan war rugs: la definizione delle origini e del contesto culturale, l’individuazione delle manifatture e del profilo degli esecutori, la presenza o meno di un’intenzionalità artistica, i rapporti tra mercato e modelli iconografici occidentali.
Per superare lo stallo in cui versano gli studi, il volume suggerisce l’adozione di una prospettiva di analisi inedita, quella geoculturale, affinché si possa ricostruire la complessa rete transnazionale che porta alla creazione dei war rugs. Questi, a prescindere da un vocabolario che sin dalla loro definizione li discrimina relegandoli al mondo dei “militaria”, e a prescindere soprattutto da ogni considerazione estetica o etica che tende a regimentarne senso e significato, altro non sono che manufatti concreti e simbolici attraverso cui si veicola una precisa rappresentazione del mondo.
Nel volume, il repertorio di trecento immagini ripercorre la produzione dei war rugs nelle loro differenti tipologie: dalle rappresentazioni geografiche del mondo e della regione afghana che vanno da veri e propri planisferi arricchiti dal catalogo delle bandiere degli Stati, alle carte politiche e tematiche ai paesaggi, al ritratto di leader politici ed eroi popolari; con o senza le “armi” (kalashnikov, pistole o bombe a mano, ma anche carri armati, aerei ed elicotteri). Vi fanno da contrappunto le opere di artisti contemporanei (Vittorio Corsini, Andrea de Carvalho, Federico Lanaro, Aldo Mondino, Sarenco): generazioni e linguaggi diversi che si confrontano su temi di grande attualità come la guerra e la sua denuncia, i rapporti di forza tra le potenze, il dialogo tra le religioni.