“Teresa avanzò con cautela una proposta: facciamo che io ti racconto un mio segreto così orribile che nemmeno tra me e me ho mai provato a raccontarmelo, e tu però me ne devi confidare uno equivalente, qualcosa che se si sapesse ti distruggerebbe per sempre”.
Pietro è un professore e Teresa è una sua allieva: si amano, scontrandosi e accanendosi uno sull’altro. Una ragazza “insubordinata e rissosa”, Teresa, sempre pronta ad attaccare, a giocare di sarcasmo. Il loro è un rapporto teso ma fatto di reciproca dipendenza, così Pietro non si tira indietro di fronte all’offerta di un patto di reciproca confessione, che segna il momento più profondo del suo amore con Teresa, ma ne firma anche la condanna.
Pietro sposa Nadia, che è l’estremo opposto di Teresa: minuta, schiva e contenuta, capace di arrossire, “un acquerello dai colori leggeri”. La realtà, si accorge presto Pietro, è che ci innamoriamo di persone che sembrano vere ma non esistono, sono una nostra invenzione. Il matrimonio è fatto di apparente serenità, nella bella casa di Montesacro, ma cela frustrazioni e competitività mascherata di onestà. Quando ritrova Teresa, Pietro si rende conto di sentirsi più sposato a lei, con la schiettezza violenta ma sincera, che a Nadia, con la quale non può mai smascherarsi del tutto, un rapporto contrassegnato da attenzioni e cautele, per tenere in piedi tutto quanto è stato creato insieme.
E con Teresa si costruisce un legame a distanza, fatto di reciproco controllo. Un nuovo patto per la vita.
“Ci sposiamo. Facciamo una sorta di matrimonio non religioso e nemmeno civile ma, come lo vogliamo chiamare, etico. Se uno di noi sgarra, l’altro ha il diritto di dire a chiunque: ora ti spiego io chi è veramente quest’uomo, chi è veramente questa donna”.
Grazie all’epistolario con Teresa, e al suo controllo da lontano, Pietro non sgarra, e fa quadrare la sua vita, accettando seppure a fatica la propria inadeguatezza. Amare è mostrare all’altro le proprie fragilità, condividere il lato più oscuro di noi, spogliandoci della nostra falsità: amare è concedere all’altro il potere di distruggerci.
“Non è la pedagogia dell’affetto che ci migliora, ma la pedagogia dello spavento”.
In questo strana e sotterranea simmetria tra finzione e verità, con il costante timore di essere svelato, Pietro finisce per sentirsi un uomo migliore, capace di tenere nascosto il suo peggio e di vivere un’apparenza di onestà che porta agli altri un messaggio di fiducia e di equilibrio.
A recitare un se stesso perbene, umanamente manchevole e spaventato.
Guardarsi allo specchio negli occhi degli altri è un gioco pericoloso perché è il loro sguardo che plasma il nostro comportamento, in un perenne sforzo di somigliare a un’idea migliore di noi stessi.
Quello sguardo altrui “è la nostra ossessione, la nostra gratificazione, la misura della nostra inadeguatezza”.
Siamo sempre sotto giudizio alla fine, quello degli altri che ci spaventa, e il nostro che è ancora più feroce, e non consente indulgenze.
Confidenza è un libro che esplora gli angoli più bui dell’amore, “una lava di vita grezza che brucia vita fine”, dei legami che non possono mai essere pienamente sinceri per essere stabili, e dell’incertezza, come componente della propria vita: una continua e faticosa ricerca dell’accettazione di se stessi, e un compromesso con la propria voglia di affermazione.
“Diventare adulti – mi dissi – è di fatto rinunciare a essere perfetti”.
Recensione di Francesca Cingoli