Il cinema, a un certo punto della sua storia, necessita di un rinnovamento che permetta l'identificazione di un'audience femminile maggiormente conscia della propria libertà individuale e non solo. Così, d'un tratto, all'interno dello schermo il mondo non esiste più come frutto di una visione maschile ma le donne emergono dapprima dietro la macchina da presa, poi davanti e pian piano oltre. "Cinema, femminile plurale" esplora il rapporto tra le donne e l'industria cinematografica, investigando i dibattiti contemporanei sulla parità di genere nella settima arte, studiando i budget, i riconoscimenti e la (scarsa) presenza delle donne nei ruoli chiave del settore. La cinepresa diventa l'oggetto attorno al quale si discute del contributo al femminile in un panorama ancora oggi poco affermato, con una disamina approfondita dell'influenza di registe del calibro di Ida Lupino e Chantal Akerman, del silenzioso sguardo delle spettatrici illustrato secondo le teorie psicoanalitiche più ricercate e dell'impatto della critica cinematografica femminista promossa da professioniste come Laura Mulvey, Claire Johnston e Dorothy Arzner. La prefazione della critica cinematografica Chiara Cozzi completa questo scorcio sulla lotta del contemporaneo per una minore esclusione all'interno della "fabbrica dei sogni". "Le donne hanno trasformato il linguaggio cinematografico, portando sullo schermo storie di resistenza, d'amore, di lotta e di speranza. Il cinema femminista non è solo una corrente, ma una necessità culturale, un modo per restituire complessità e profondità a una metà del mondo spesso trascurata o banalizzata". (Chiara Cozzi)