Roma è la città eterna, è la grande bellezza. Da ammirare perdendosi nel fascino dell'era che fu, tra i monumenti, i vicoletti con i vecchi sanpietrini, i colori giallo-ocra inconfondibili dei palazzi, i profumi delle vecchie osterie di Testaccio, i panorami notturni dei ponti sospesi sul Tevere e quella strana magia che non si può spiegare. Il giovane protagonista del romanzo abita in un condominio di Monte Mario color arancio corallo, tra le stradine del Parco dell'Insugherata. È giugno, i suoi genitori sono partiti, gli hanno lasciato le chiavi di casa e il frigorifero pieno. Finalmente la pandemia è in fase rescissoria anche se le misure restrittive non sono state abolite completamente. Il ragazzo a bordo della sua vespa gira per le strade. Di giorno, beandosi della luce sfavillante che la magnifica, domandandosi quale vita si celi oltre le mura dei palazzi. Di notte, assaporandone i misteri e le asperità. Durante una di queste sue escursioni notturne, si ritrova in piazza Santa Maria in Trastevere. Attratto da una fonte di luce, si avvicina alla fontana, immerge la mano e ne trae un oggetto simile a una chiave senza seghettatura. La chiave di luce lo coinvolgerà in una misterica avventura, plasmandosi fra le sue dite e rivelandogli segreti inimmaginabili. Vito Francesco Giustiniani dimostra una spiccata sensibilità, una conoscenza e un amore profondo per la sua città, un approccio fondamentalmente critico verso chi non sa proteggere e valorizzare Roma. Il trionfo e il mistero della luce, il suo contrasto col buio, assumono un valore simbolico: il bene e il male, il bello e il brutto, il giusto e l'ingiusto, la verità e la menzogna.