Fin dai primi miti, il mondo è stato raccontato dagli uomini, e il punto di vista maschile ha indicato alle donne un modello di purezza e docilità come premessa per l'accettazione sociale. Le altre, le ribelli, le irriducibili, le eterodosse erano duramente stigmatizzate, sia che fossero gorgoni vendicative, matrigne crudeli, fastidiose pandore, problematiche Elene o Eve ignare cui addossare la colpa del destino dell'umanità. Da qualche tempo si è aperto uno spiraglio per una narrazione diversa: scopriamo che streghe perverse, cattive madri, femmes fatales, pazze passionali fanno parte di noi, e possono essere più istruttive e ispiratrici delle loro edulcorate controparti. Il racconto di María Hesse ci induce così a specchiarci in un'altra versione della storia, che rappresenta in modo assai più complesso, sfaccettato e aggiornato ai tempi l'«eterno femminino». «Pretendiamo di poter creare le nostre storie e la nostra vita. E se quelle storie turbano e disturbano pazienza. È arrivato il momento di ascoltare, parlare e occupare gli spazi che ci sono sempre stati negati.»