Carlo Betocchi scopre per caso su «L'Albero» alcune poesie del croato Nikola Sop tradotte in italiano. Per l'afflato cosmico che le pervade, sono una vera e propria rivelazione agli occhi del poeta fiorentino, che ne resta folgorato. Scrive dunque al traduttore, un giovanissimo italianista di Zagabria, per congratularsi: è così che nasce l'amicizia tra Carlo Betocchi - uno dei poeti italiani più apprezzati del Novecento - e il suo interlocutore, Mladen Machiedo, destinata a perdurare e svilupparsi per un intero decennio. Dal loro carteggio traspaiono gli ultimi anni di vita di Betocchi, i più duri e cruciali, con la dolcezza di una confessione intima in cui, attraverso la letteratura e la poesia, il poeta arriva a parlare del proprio dolore, in una profonda indagine esistenziale. Affiora - forse per la prima volta - un sentimento intenso, l'«attuale radicale ateismo», che pure il poeta combatte ogni giorno, coltivando un amore cosmico - tanto affine alle suggestioni sopiane - in cui «non esistono che forme diverse dell'essere in uno stesso destino».