Dalla prefazione di Pier Carlo Capozzi: «Si fa presto a dire Casoncello. Il difficile, per noi curiosi dalla nascita, è sapere da dove viene, perché si chiama così, a chi è venuta l'idea, da quale angolo del nostro pianeta, che ingredienti ha sempre raccolto nel suo delizioso fagottino di pasta. A questo complicato cimento ha messo mano il mio fraterno amico Leonardo Bloch, che compone con me e altri due sodali, entrambi di nome Stefano, la congrega dei "Moschettieri", quattro innamorati della scrittura e del buon cibo. Il mio percorso di vita ha fatto in modo che entrassi in contatto con diversi intenditori (e moltissimi presunti tali) di cultura enogastronomica. Ma uno come Leo è irraggiungibile, e non lo scrivo perché mi ha regalato l'onore di questa prefazione. È un conoscitore, profondissimo e appassionato, di quello che ti arriva in tavola e nel bicchiere. E ne capisce, che è poi quello che fa la differenza in un mondo infarcito di critici autoreferenziati, dove il termine "esperto" viene spacciato molto più della polverina bianca a Medellin. E la cartina di tornasole di quello che penso è facilmente rintracciabile in quella serata in cui invitò il resto dei Moschettieri a casa sua. "Accontentatevi, andrò io ai fornelli".» Icona culinaria della fascia di territorio lombardo racchiusa tra Adda e Mincio, il casoncello fa le sue prime apparizioni già nel basso medioevo, ma la sua storia affonda le radici addirittura nella gastronomia della Grecia classica. Questa monografia ripercorre, con un ampio corredo di riscontri filologici, le vicende del più antico tortello la cui presenza sia tutt'oggi vitale nella cucina della Penisola, fornendo chiarimenti determinanti a molti degli interrogativi rimasti sino ad ora senza risposta. Ma lo spettro dell'analisi si allarga a più riprese all'intero comparto delle paste ripiene, poco esplorato dalla storiografia gastronomica, contribuendo a ricostruire diverse tra le tappe cardinali che ne hanno scandito il percorso evolutivo.