Dalla nota introduttiva di Piero Meldini: Detti, proverbi, sentenze, motti, facezie, epiteti, frasi fatte. Non di rado, col passare degli anni, il progressivo abbandono dell'uso ha portato a smarrirne il significato. Chi diceva così? E quando? E perché? Non ce lo ricordiamo più. Bonviàz, che fa seguito al felicissimo esordio di Armidiè, intende proprio restituire un contesto ai modi di dire che Grazia Nardi ha ascoltato quand'era bambina e archiviato nella sua memoria. Il contesto è quello, concreto e peculiare, di una famiglia dialettofona di modesta condizione che negli anni Cinquanta e Sessanta abitava nel centro storico di Rimini, e sto parlando, ovviamente, della sua famiglia. Ripercorriamo così le precise circostanze in cui si usava questo o quel detto, e da quale membro della famiglia di preferenza, e con quali intenzioni e sfumature. Questo è un libro di voci: le voci degli uomini e delle donne, le voci del mercato e dei mestieri, le voci delle strade e le voci della casa: la voce della nonna, quella del padre, ma innanzi tutto la voce della madre Elsa, la persona con la quale Grazia ha avuto e conserva un legame assolutamente speciale e che è in qualche modo la coautrice, oltre che la dedicataria, dei suoi libri. Sono le voci di quanti (ed erano la grande maggioranza dei riminesi) parlavano in dialetto. Leggendo Bonviaz sentiamo risuonare ancora queste voci, ciascuna col proprio timbro, la propria inflessione, la propria cadenza, quella che noi riminesi chiamiamo gnorgnia.