Bocche di Bonifacio, un luogo con due anime. Un'anima che per molti mesi dell'anno è il respiro del mare, della terra e della sua gente, del profumo delle fioriture, dell'odore del guano sull'Isola dei Monaci o dell'odore di vuoto di Cala Lunga; una anima che assomiglia alla mia. Affidare le vele al vento senza il timore di incrociarne altre, senza ostacoli per lo sguardo, senza sagome invadenti dei motoscafi che con le loro scie inquietano l'occhio di chi, qui, cerca, e trova, "il luogo". E allora l'esercizio è arrampicarsi sulle rocce con il cavalletto a spalle e la 10×12 nello zaino, saltare le ampie fenditure del granito lisciate dall'acqua e dal vento, cercando l'equilibrio precario per togliere il volet e impressionare un'immagine finalmente diversa. L'altra anima è quella vacanziera che qui, volutamente, non compare, fatta di altri tempi e luoghi, olii abbronzanti, rumori. Per chi ha visto le Bocche nella stagione estiva è necessaria un'altra immersione, non nel profondo blu-verde delle sue acque, ma nell'indefinibile emozione del fuori stagione. Per cogliere la suggestione dell'abbandono che cola dai muri di fortini e fari, e gioire appieno della profonda ospitalità di questa terra e della sua gente. Per vedere un luogo in modo diverso.