Si vince e si perde ovunque, non solo in Italia. Ma in Italia, più spesso che altrove, chi è vinto non accetta la sconfi tta. Bisogna saper perdere racconta il declino, l'uscita di scena – ma anche l'horror vacui – di alcuni degli uomini più potenti del nostro Paese. Sono politici che hanno governato un partito, o uno Stato, per anni, a volte per decenni; che hanno avuto a disposizione soldi e voti; che hanno regalato sogni e speranze, e attirato invidie e diffidenze. E che alla fi ne, inevitabilmente, hanno fatto i conti col fallimento di un progetto o la fine di una carriera. Questo libro è una storia pubblica, ma anche un diario privato. Rivela i dubbi di Umberto II e Mario Segni, il risentimento di Parri e Prodi, l'amarezza di De Gasperi, il cinismo di Togliatti, gli insuccessi di Nenni e Fini, le fughe e la pervicacia di Fanfani e De Mita, la rabbia di Craxi, l'ostinazione di Berlusconi, fi no alla rivincita di Renzi. Un percorso trasversale lungo la dorsale dell'intera tradizione politica italiana che mette in risalto una costante comune praticamente a tutti: chi perde non ammette la sconfi tta e (soprattutto) ben raramente si fa da parte accettando il responso delle urne. Tra gli sconfitti di ieri come di oggi, c'è chi grida al «colpo di stato», chi invoca i «brogli», chi si scaglia contro le congiure, chi prepara rivalse e vendette, chi ostacola con ogni mezzo la sua successione e chi ostenta distacco, finge l'addio, ma prova lo stesso con caparbietà a mantenere il controllo su poltrone e programmi. Perché, a volte, saper perdere conta molto più di vincere. E soprattutto perché la sconfitta svela meglio di qualsiasi vittoria la natura degli uomini e la maturità (o l'immaturità) di una democrazia.