Il volume illustra la sede dell’Istituto e le opere d’arte che la Banca San Paolo prima e il Banco di Brescia poi hanno costituito all’interno degli ambienti di uno dei più monumentali palazzi della città, quello dei conti Martinengo di Villachiara e Villagana.
L’avvio della fabbrica di Palazzo Martinengo a Brescia si fa risalire all’inizio del 1600 a opera del conte Francesco. Nel tempo, la residenza fu dotata di una facciata monumentale, lungo il corso principale, per la quale risulta evidente il rimando agli esempi veneziani di Longhena, come Ca’ Rezzonico, e di uno scalone, rivisitazione dello schema importato da Versailles e dalle corti austro-tedesche.
Negli inizi del Novecento, il palazzo viene acquistato dalla Banca San Paolo per trasferirvi la propria sede dall’originaria in via Gabriele Rosa e quindi adattato all’utilizzo dell’attività creditizia per opera dell’architetto Egidio Dabbeni.
I tragici bombardamenti che colpiranno Brescia nel corso del secondo conflitto mondiale causeranno gravi danni al palazzo, rendendo necessario un importante restauro.
La ricostruzione si accompagnerà nei decenni successivi alla costituzione di una raccolta di dipinti adatta non solo a decorare nobilmente gli ambienti, ma con l’obiettivo di documentare e testimoniare la qualità e la ricchezza della pittura specialmente bresciana attraverso il tempo.
È così che la pittura del Rinascimento e della cultura manierista è ben rappresentata dalle opere di Foppa, Savoldo, Moretto, Romanino e Gambara. La pittura seicentesca è testimoniata nella quadreria da opere eterogenee, ma interessanti sia per la qualità che per la provenienza delle collezioni storiche, come le opere del siciliano Novelli, dell’austriaco Seiter, del genovese Carloni e le tele del pittore (ignoto) di cultura austro-boema dedicate alle battaglie di Kahlenberg e di Esztergom.
La pittura settecentesca è magnificamente rappresentata dai capolavori del Ceruti e del Celesti, mentre la volontà di documentare nella quadreria la ricchezza della pittura bresciana ottocentesca porta ad acquisire una serie di dipinti dell’Inganni. Per testimoniare la grande decorazione simbolista di matrice bresciana tra fine Ottocento e primi decenni del Novecento, vengono accolti nella quadreria dipinti del Castelli e del Coccoli.