Nel 1934, a Roma, nello stadio del PNF, la nazionale italiana vince la seconda edizione della Coppa del Mondo. Mussolini, che da tempo ha deciso di usare lo sport come aggregatore identitario, siede compiaciuto sugli spalti. L'Italia, del resto, si è guadagnata gli elogi dell'opinione pubblica mondiale, non solo per l'ottima prestazione sportiva, ma anche per l'imponente piano edilizio che ha portato alla costruzione di otto stadi disseminati in tutta la penisola. Nonostante (o, forse, proprio per) gli eccessi della retorica fascista, gli italiani sono tuttavia ancora freddi verso la maglia azzurra: prestano maggior attenzione ai club cittadini, che vellicano il secolare campanilismo comunale. Servirà ancora del tempo per veder nascere un sentimento unitario di attaccamento agli azzurri, ma sempre di più la storia della nazionale italiana si specchierà in quella del paese. Grazie all'utilizzo delle fonti più diverse, come la tv e la letteratura, il cinema e la canzone popolare, i giornali e il web, Paolo Colombo e Gioachino Lanotte, storici di professione e appassionati tifosi, ricompongono la vasta cornice culturale che circonda le imprese della selezione azzurra. Così, ai momenti ormai leggendari impressi nella memoria dei tifosi, come la staffetta Rivera-Mazzola del 1970 in Messico, l'esultanza di Tardelli al Mundial spagnolo e le lacrime di Roberto Baggio dopo il rigore di USA '94, si alternano quelli della storia sociale, politica, economica e culturale italiana: dalle prime trasmissioni tv organizzate per le Olimpiadi di Roma nel 1960 alle contestazioni del Sessantotto e degli anni settanta, dagli scandali edilizi modello Prima repubblica di Italia '90 fino alla questione migratoria o al dibattito sulla parità di genere alimentato dall'importanza e visibilità crescenti della selezione calcistica femminile. Azzurri ricostruisce l'intricato percorso di un amore difficile, fatto di disinteresse e lacrime, rassegnazione ed esultanze incontrollate, e, allo stesso tempo, traccia la storia di un popolo che «ha cominciato a sentirsi unito in un'identità comune solo - e neppure sempre - quando undici dei suoi ragazzi si infilavano una maglia azzurra per scendere su un campo verde a inseguire una sfera di cuoio».