In questo libro Di Francesco, infatti, veste i panni del sociologo incuriosito da un certo tipo di arte e lo fa ponendoci di fronte ad una non sempre scontata corrispondenza tra rappresentazione artistica, storia e società. L'autore è convinto della necessità di osservare l'esperienza artistica non collocandosi concettualmente sopra e nemmeno sotto di essa, ma di lato, per una via che raramente gli esperti perseguono, cioè la rappresentazione di soggetti non consoni all'arte stessa. L'interrogativo è: che cosa ha a che fare l'arte con il cibo? Nel corso della ricerca l'autore ci invita a percorrere una strada nella quale protagonista è proprio il cibo. Arte "affettata" fa subito pensare a una singolare famiglia concettuale in cui vediamo rincorrersi tre piani interpretativi: l'idea di bellezza; a nozione di sacralità; i concetti di gusto e disgusto. Bellezza artistica, sacralità, gusto, gastronomia, sono tutti pensati da Di Francesco sotto il segno dei mutamenti sociali. Gli intrecci tra i diversi piani appaiono nel corso dell'accattivante lettura in tutta la loro trasparente evoluzione storico-sociale, con dovizia di riferimenti iconografici.