"È la cosa più triste del mondo, Stefanos, vedere la tua creazione più grande andare in rovina. E ancora peggio quando l'andare in malora ha effetti terribili sugli altri". La creazione in cui Aristotele ha fallito, e se ne duole con il braccio destro di tante imprese Stefanos, non è un'opera della filosofia o dell'ingegno, ma un uomo: Alessandro di Macedonia. Aristotele è stato il suo precettore, ne ha forgiato le virtù, si è compiaciuto quando ha visto la gloria trionfante, ma adesso il vecchio filosofo si sente lo spettatore sgomento di un dispotismo non immaginato, di una sete di guerra e di sangue imprevista. Restare spettatore? Intervenire diventando parte attiva nel dramma che sta bruciando la cometa travolgente del biondo Gran Re macedone? Lo scenario di questa nuova avventura che coinvolge Aristotele nella morte del suo leggendario allievo è la Persia da poco conquistata: sensualità orientali, inesausti complotti di satrapi, misticismi zoroastrani, tutte cose difficili da decifrare per un ateniese del IV secolo a. C. È giunto ad Atene il satrapo Arpalo, con un grande tesoro che non si sa se rubato o meno ad Alessandro, e nella città si è incerti e divisi se accoglierlo o meno. In questa incertezza, Stefanos è spedito in Persia. Il suo compito è triplice: raccogliere testimonianze su una grande corruzione; scortare e proteggere il figlio di Antipatros, vice di Alessandro in Grecia, il giovane Cassandro; indagare sulla scomparsa di Callistene, uno degli storici di Alessandro.