C'era una volta la parola resistenza, volentieri accolta nel vocabolario corrente della nostra lingua parlata. Poi, dapprima in punta di piedi ma ben presto dilagando, a quella parola è venuta sostituendosene una nuova: resilienza, già nel suono diversamente delicata e captante. Non era più il caso di tenere ancora in piazza la resistenza, parola già da tempo estraniata, quando non aborrita da chi solo ad ascoltarla sentiva già la pelle aggricciarglisi d'insofferenza o di rabbia. Sia benvenuta perciò la resilienza, parola anche un poco misteriosa ma sicuramente morbida, formalmente leggera, quasi gentile, organica ad un tempo che bada non solo per ragioni estetiche di lingua, ad amministrarsi su quei registri. Che cosa c'entra più, la resistenza? Quella parola, appartenuta a giorni ed anni che qualcuno disse addirittura gloriosi, nulla ha a che fare con i nostri, nei quali chi parla più di gloria? Esodata, e da tempo, anche quella parola. Perfino la popolare seta portante quel nome, universalmente usata per i parapioggia, è stata messa fuori uso, rimpiazzata da materiali sintetici ben più leggeri e pratici. E dunque Ora e sempre resilienza! Con un grazie e un addio a Calamandrei.