Nei Sonetti romaneschi Giuseppe Gioachino Belli ci restituisce una società che non sarebbe più stata la stessa, quella della Roma ottocentesca, papalina e preunitaria. Nel succedersi di diversi registri stilistici narrava così la demistificazione del potere e dei suoi strumenti di dominio ma, allo stesso tempo, denunciava il comportamento di un popolo che non si ribellava a norme e valori imposti dall'alto. Con il pensiero rivolto ai nostri giorni, sospesi nell'incerta attesa di qualche cambiamento, gli Ardecore hanno ricavato, ventotto canzoni che esaltano le atmosfere e i temi di quei versi. Quel 996, assunto come acronimo e maschera dal poeta per esprimere più liberamente il proprio pensiero, nelle loro canzoni si trasforma in un concetto diverso che, contrapponendo il quotidiano e il visibile allo spirituale e a ciò che non è tangibile, proprio a Roma trova la sua massima espressione con il Giano bifronte o anche il leggendario Mithra che domina sull'animalità. Introduzione di Marcello Teodonio, testi delle canzoni con le trascrizioni delle musiche, tavole illustrative di Marcello Crescenzi, Claudio Elias Scialabba, Scarful e Ludovica Valori e un QR code con i brani.